Presentazione on line di xDams open source

Ieri mattina, alle 11.00, c’è stata la presentazione on line di xDams. Al video, in parte registrato e in parte dal vivo, è stata affiancata una chat per porre domande a Giovanni Bruno di regesta.exe. Nonostante qualche problema con la banda, penso che la presentazione sia stata un successo, sia nella forma che nei contenuti. Abbattere le distanze fisiche, digitale divide permettendo, quando si parla di software & co., mi sembra una scelta vincente.

Queste sono le informazioni più importanti:

  • Entro aprile, xDams verrà rilasciato in versione open source  e potrà essere liberamente scaricato sia dal sito xDams.org, sia da alcune piattaforme open source, con licenza GNU GPL 3.0, che assicura all’utente del software libertà di utilizzo, copia, modifica e distribuzione.
  •  Entro maggio verrà attivato un servizio di hosting specializzato per gli allegati (immagini, video, pdf) che sarà gratuito per utenti entry level e a pagamento per esigenze più evolute, secondo parametri non ancora stabiliti. Saranno garantite in tutti i casi la conservazione e l’accesso ai documenti digitali.
  • Entro ottobre saranno organizzati corsi, auspicabilmente on line, per l’utilizzo del software.

La domanda che mi ha colpito di più è stata sulla possibilità di usare xDams non esclusivamente da remoto, ma anche in locale. Penso che dica tanto sulla diffusione della rete internet nella nostra penisola.

Inoltre, xDams è sia su Facebook che su Twitter.

18 Replies to “Presentazione on line di xDams open source”

  1. hai colto a pieno il problema. lavoro molto con xdams (piattaforma città per gli archivi e ibc) e spesso – se non spessissimo – sono costretta a creare delle schede “fittizie” con altri programmi di testo per aggirare il problema della lentezza – quando non della totale mancanza dei collegamenti.
    d’altro canto il lavoro in rete facilita enormemente tutta qualla parte di correzione-verifica-integrazione degli inventari che, nei lavori complessi, si fa alla fine e a più mani.

    allegra paci

  2. La domanda che a me ha colpito di più è quella sui TIFF. Perché in realtà nasconde un grosso problema dell’intero workflow degli oggetti digitali che – a mio avviso – non è molto chiaro agli operatori. E che non credo nessun software archivistico gestisca (o ambisca a gestire) per intero se non con interventi manuali.

    Prova ne è che tutti i progetti di digitalizzazione archivistica alla fine sono il risultato di procedure ad hoc, commistioni fra software etc.

    E’ un argomento vasto e ha poco senso trattarlo in un commento, ma giusto per concretizzarlo con un esempio: non serve a molto che un software mi consenta di attaccare un tiff se non viene poi correttamente trattato in tutta la filiera del postprocessing che segue la digitalizzazione… un tiff a 400/600 ppi di un documento archivistico (aka qualche centinaia di mb) difficilmente lo riuscirai a caricare via web e sicuramente non sarà leggibile da un utente remoto se non passando decine di minuti ad attendere il caricamento di una singola immagine

  3. In casa non abbiamo la banda larga. Se voglio navigare devo andare all’internet point, ma, dall’ultima volta, la mamma si preoccupa sempre quando devo attraversare il bosco: mi tocca calarmi dalla finestra.
    CulturalHeritance, scusami se sono un po’ disinformata, ma ho due domande:
    1) cosa significa aka? Ho cercato su wikipedia, m-w e anche urbandictionary e tutte le risposte che mi hanno dato fanno pensare che sia una parola usata a caso… Ma quelle sono robe che fanno quelle personcine che si riempiono la bocca di cultura, sigle e inglesismi che non dominano… Non sei sicuramente il tipo.
    2) che se ne fa di tutta quella definizione delle immagini un progetto di gestione archivistica e documentale via web? Se devo archiviare audiovisivi ci metto la criterion edition?

    Grazie
    Cappuccetto

  4. Carissima cappuccetto:

    1) also known as, io in questo contesto lo tradurrei con un semplice “ossia”. E’ colpa mia, ma più che inglesismi che non si dominano temo sia un vezzo da forum, generalmente quanto scrivo in altri contesti sono più accurato, ma nei commenti temo di usare lo slang (o il gergo se preferisci) della rete. Eviterei però la retorica (“non voglio certo dire che tu sia un cretino, non è il tuo caso” etc etc). Ne possiamo fare a meno.

    2) il discorso è molto interessante e la tua domanda pertinente. Io sono molto d’accordo che dipende dalla singola situazione e progetto, ma la tendenza generale quando si parla di digitalizzazione è di seguire il principio SOAP (Scan Once for all Purpose). L’idea è quindi è di effettuare un lavoro una volta che però possa andare per scopi diversi, visualizzazione, stampa, conservazione etc.
    Certo se voglio inserire qualche immagine di documenti così, a campione, come corredo di una tesi non mi metterò a effettuare scansioni a 400/600 ppi, ma in linea di massima la direzione è quella, ossia evitare di rieffettuare una scansione perché la qualità con cui si è effettuata la precedente non è sufficiente a garantire una stampa di media/alta qualità.
    Su questo punto c’è davvero molta letteratura, per farla breve io rimanderei allo “storico” digital preservation handbook http://www.dpconline.org/publications/digital-preservation-handbook e al più agile e in continua fase di evoluzione Irish Virtual Research Library and Archiveworkbook (http://www.ucd.ie/ivrla/workbook2/index.html)

    Altra questione sono i formati del master (TIFF non compressi vs TIFF con compressione LZW vs Jpeg2000 etc), ma questo attiene alle problematiche della conservazione (intesa in questo caso come conservazione del digitale) e all’evitare che un file che oggi puoi aprire domani non lo apri più (e questo ci aprirebbe un dibattito su formati, supporti e riversamento pressoché infinito).

    Per quanto riguarda gli audiovisivi io non mi soffermerei tanto sulla criterion edition (che credo lo studio FRBR ritenga alla stregua di un’opera diversa, ma qui si va sul filosofico), ma piuttosto a quale bitrate e simili e con quale formato salvare. Che è il corrispettivo se vuoi della risoluzione e del formato per le immagini.
    Su questo le esperienze sono meno consolidate, ma credo che le indicazioni della library of congress possano essere un buon punto di riferimento da cui partire http://www.digitalpreservation.gov/formats/index.shtml

    Ad esempio non è un granché consigliabile salvaguardare la registrazione di un concerto in mp3 con bitrate 128 kbps. Quella certamente potrà essere una buona derivata per la fruizione.

    Mi rendo conto di aver scritto fin troppo per un commento, ma probabilmente troppo poco per rispondere completamente alle tue osservazioni.

    Se vuoi approfondire o ti interessano riferimenti bibliografici più puntuali sai dove trovarmi (se riesci a scappare dalle grinfie del lupo e all’occhio vigile della mamma ;-))

    A presto
    Salvatore Vassallo aka shaitan aka culturalheritage (solo per wordpress, non è un nickname) aka (da oggi) culturalheritance 🙂

  5. Una delle prime cose che ho fatto quando ho cominciato l’avventura del blog è stato togliere la moderazione ai commenti e non ho nessuna intenzione di rimetterla, voglio che lo scambio di idee sia il più libero possibile, e mi sembra che siamo sulla buona strada!
    E ringrazio Allegra, Salvatore e Cappuccetto (bello pseudonimo) di aver animato questo grigio post, però chiedo a tutti, vecchi e nuovi commentatori di non eccedere e di evitare la “retorica”. Se a qualcuno non bastasse lo spazio del commento e volesse contribuire con un post, o con una pagina, sarei ben lieta di ospitarlo.
    Vi ringrazio,
    Angela

  6. Proprio stamattina ho visto delle digitalizzazioni di pergamene in jpeg, sinceramente hanno il requisito principale che io richiedo ad un lavoro di questo tipo: sono estremamente leggibili. Capisco tutte le altre motivazioni, però fermo restando che l’acquisizione dell’immagine può essere fatta in maniera da permetterne la leggibilità in vari formati (il tecnico che me le fatte vedere mi spiegava che lui aveva fatto così e che non ci sarebbe stato nessun problema a cambiare estensione, spero non mi abbia preso in giro) non mi sembra necessario allegare un file tiff ad un inventario, mi sembra eccessivo. Anzi, a dirla tutta mi sembra che adesso si alleghino troppi file digitali, come se l’archivistica avesse preso una deriva voyeuristica. Mi sembra che una buona scheda descrittiva, in alcuni casi, sia più interessante e necessaria dell’immagine della pagina di registro che descrive. Soprattutto se consideriamo che il lavoro on line in teoria è aperto ad un utenza più eterogenea, e forse meno competente, di quella che frequenta le sale studio degli Archivi di Stato

  7. CH caro,
    ti ringrazio per i riferimenti bibliografici. Noi bambine non siamo capaci di pensieri complessi. Ci abbiamo problemi con l’inglese, la retorica, la filosofia e pure l’archivistica. Però siamo curiose.
    A me piacciono le storie disegnate. La mia mamma me ne ha comprata una sul lupo ballerino che mi piace tanto. Carta dura e porosa sotto le dita, colori bellissimi negli occhi, fruscio di carta negli orecchi e profumo di legatura e stampa nel naso…
    Siccome mi è tanto piaciuto, all’internet point (ma non dire alla mia mamma che ci sono andata, per cercare cose lupesche poi) ho cercato dei pdf. Ho trovato dei file a bassa definizione che sono riuscita a leggere sullo schermo divertendomi. Però mi mancava la carta nelle dita, nel naso e negli orecchi e ho stampato il file. Cavolo! La risoluzione che andava bene per il video non andava bene per la stampa.
    Ho trovato il pdf ad alta definizione – benedetto filestube! – e ho stampato pure quello (esaurendo la mancetta della settimana). Adesso lo vedo su quella carta da stampante e non è la stessa cosa: l’odore il rumore e il tatto sono diversi e anche i colori non sono belli come me li ero immaginati. Quasi preferivo l’immagine a bassa definizione sullo schermo.
    Ma lo studioso con quel documento a 600 DPI che ci deve fare?
    Non è che quello che deve fare una roba con la risoluzione altissima può aspettare diversi minuti prima di vedere l’immagine e chi vuole consultare un archivio (finalmente disponibile) si può accontentare della risoluzione da google book?
    Mio zio cacciatore ha fatto un sito con le foto delle donne nude. Io non dovrei saperlo ma sono andata a guardarlo. Oh! Ha messo tutte le immagini a risoluzione diversa… Magari si può fare anche così?
    Ciao
    Cappuccetto

    PS: padrona di casa, non mi censurare, ti prego. Non lo so mica che cos’è la retorica. Se sto retoricando, dimmelo e smetto.

  8. Cappuccetto,
    sono foto d’arte! E poi avevo messo una pagina che impediva ai minorenni di guardare quel sito! Non racconto niente a tu madre, per questa volta! Neanche tu… per favore
    Cacc.

  9. Cappuccetto cara,
    Dopo che hai digitalizzato l’immagine, basta salvare 3 o 4 volte il file cambiando il fattore di compressione.
    Un mio amico addirittura ci ha un programma che alla fine gli salva il file in alta in formati diversi…
    Ma perché ti serve? Vuoi aprire un blog anche tu?
    Cacciatore

  10. @Angela il tecnico non ti ha preso in giro, come non è impossibile passare da mp3 a wav (cioè ad un formato non compresso). Il problema è che il “danno” è stato fatto, ossia che alcune armoniche (nel caso del mp3) sono tagliate e irrimediabilmente perse.

    Sono particolarmente d’accordo con te che i tiff non vadano “attaccati” all’inventario, ed è proprio per questo che dicevo che nella digitalizzazione c’è un workflow che non credo possa gestire un software solo. Probabilmente attaccherei all’inventario delle derivate jpeg (se servono e sono pertinenti).

    E’ consigliato effettuare la scansione ad alta qualità (che tanto – tranquilla – le ditte te la fanno pagare comunque) perché così da li puoi sia tirarci fuori la derivata jpeg a qualità ridotta da pubblicare via web. Sia una derivata a una qualità maggiore per la stampa (che ne so per una pubblicazione) etc
    Gli usi sono tanti ma tu fai la scansione una volta sola.
    Ovvio che non pubblichi su web il tiff (a meno che non sia un tiff piramidale, ma qui si parlerebbe di contesti specifici come mappe o giornali di grande formato). Ed è proprio per questo che all’inizio dicevo che la domanda mi ha stupito.

    @Capuccetto mi fa piacere che i riferimenti ti siano stati utili. Se preferisci in italiano chiedi, ho alcune cose, ma purtroppo però non sono (ancora) pubbliche.

    Io sono particolarmente d’accordo con te (come già dicevo prima) sul fatto che lo studioso del tiff a 600 ppi se ne faccia poco. E infatti, lo ripeto ancora, è proprio per questo che io non mi stupisco se software archivistici inibiscono la possibilità di collegare file tiff. Perché il “giro” è un po’ diverso.

    A che ti servono questi benedetti 600 (che poi per formati normali diventano spesso 400) ppi?
    Beh hai citato google book. Loro effettuano i master proprio a 400/600 ppi (parlando di un generico A4, ovviamente se lo fai di una diapositiva sarà molto di più). Perché? Perché se usassero dei jpeg a 150 ppi il già precario OCR (quello che fa sì che quando cerchi una parola su google books la trova in quello che nei pdf si chiama testo nascosto) fallirebbe.

    Oppure puoi usufruire del servizio print on demand. Hai perfettamente ragione che non c’è la stessa sensazione tattile di un manoscritto, ma può essere utile (con tutti gli ebook reader che circolano io ancora preferisco leggere su carta, che ci vuoi fare :-D)

    Ecco, per il print on demand la derivata a qualità inferiore che è perfetta per la visualizzazione diventa inutile per la stampa.

    Ancora una volta SOAP Scan Once for All Purposes.

    Ecco, spero che così si capisca meglio il discorso che volevo fare. Non suggerivo di allegare i TIFF agli inventari o di pubblicarli via web, anzi, esattamente l’opposto 😉

  11. mi sembra veramente interessante che (anche) dalla nostra presentazione di xdams sia scaturita una discussione su uso (e abuso) di materiali digitali (foto, video, testi, audio) in progetti di comunicazione, distribuzione di contenuti culturali via web.
    non c’è dubbio, a mio avviso, che per ora siano ancora molto pochi i contenuti digitali disponibili; che il web non può essere solo una vetrina; che contenuti inaccessibili non possono avere una diffusione digitale; che questa auspicabile crescita deve fondarsi sull’iniziativa dei singoli detentori di patrimoni. altrimenti l’alternativa diventerebbe sempre e solo accontentarsi di google book (ne ho già scritto sul nostro sito http://www.regesta.com/2011/07/08/ragione-e-pregiudizi/).
    è poi vero, come viene ricordato, che il lavoro on line è lento (è sempre, sicuramente più lento del lavoro fatto sul nostro pc di casa), l’accesso ci è a volte negato dall’inefficienza delle infrastrutture di rete. ma credo che pubblicare immediatamente sia preferibile, sempre e comunque, a tenere il frutto di un lavoro comunque faticoso di descrizione o di digitalizzazione chiuso nella propria rete domestica e riservato ai pochi che possono accedervi direttamente

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